Pubblicato dieci anni fa con il titolo Il profumo della farina calda e accolto con favore da critica
PROFUMO DI FARINA CALDA A BUONAVENA di Armido Malvolti
Pubblicato dieci anni fa con il titolo Il profumo della farina calda e accolto con favore da critica e pubblico (premiato in diciotto Concorsi Letterari in Italia e uno in Svizzera), questo romanzo torna in libreria modificato solo nel titolo e arricchito da una pregevole prefazione di Cristiana Vettori.
Scritto in parte nel 1994 e completato quindici anni dopo, conserva un notevole valore storico e regala un’idea di futuro di forte attualità. Viviamo in tempi in cui Economia Green e Sviluppo Sostenibile sono indicati come ultimi rimedi per salvare la Terra; ma sono anche tempi in cui cresce un pericoloso revisionismo storico. Questo libro ha il pregio di immaginare un futuro dove la conoscenza del passato aiuta a costruire un futuro dove la terra, l’acqua, le piante, gli animali, gli uomini e la modernità convivono in reciproco rispetto.
Mario Fontana nasce nel 1943 in un mulino ad acqua in una sperduta valle appenninica. Fin da piccolo conosce la dura vita contadina, la miseria, l’ingiustizia. Della guerra e della lotta di liberazione sente parlare dai clienti del mulino. In cerca di un diverso futuro emigra nel 1959, prima in Francia, poi in Argentina dove si arricchisce sotto la protezione del potente suocero.
Anno dopo anno avverte il richiamo della sua valle e nel 1995 torna, accompagnato da Diego e Valentina, i figli adolescenti. La trova abbandonata, il “suo” mulino è solo un rudere. Ufficialmente è tornato per restituire ai figli le loro radici italiane, ma dentro di sé coltiva la speranza di coinvolgerli nella realizzazione di un sogno: ridare nuova vita ai luoghi che lo hanno visto nascere.
Davanti ai ruderi di quello che un tempo era un punto d’incontro per i valligiani, come se fosse a teatro mette in scena i primi 16/17 anni della sua vita. I figli, unici spettatori, ascoltano curiosi, increduli, anche contrariati. All’inizio, però, sente il bisogno di dialogare con la sua valle, quasi a invocarne il perdono per averla abbandonata e la protezione per il futuro che intende costruire.
“Buonavena!... eri abbarbicata sul lato destro del Fosso e su quello sinistro del Rio della Vena. […] Buonavena! Nessuno è figlio tuo quanto lo sono io. Tu mi hai sfamato, mi hai fatto crescere, mi hai educato. […] Tutto questo mi hai dato, Buonavena, quasi tu fossi un paradiso terrestre, eppure io, ancora minorenne, ti ho tradito e mi sono lasciato lusingare dalle sirene del mondo.”