Il Novecento non fece che battere come un mare in tempesta contro gli
scogli
Il Novecento non fece che battere come un mare in tempesta contro gli
scogli residui dell’arte, affidando ai manipoli delle avanguardie, militarizzati
sbastigliatori delle roccaforti dell’estetica tradizionale, avanguardie
prima storiche, quindi post-storiche, la deposizione dell’arte, la
sua giubilazione, almeno nella configurazione fino ad allora conosciuta.
Le avanguardie, le più o meno astute e faccendiere neoavanguardie, si
vendicarono dell’arte e del bello, al contempo attentissime a mimetizzarsi
e farsi complici con il mercato dell’arte, o di quella che un tempo
era stata l’arte. (...). Il libro di Clementina Greco, che si compone di
sei capitoli (La crisi dell’arte, La poesia concreta, Franz Mon, Arrigo
Lora-Totino, Jiří Kolář, Julien Blaine), con un ultimo di Conclusioni,
e un ampio repertorio fotografico, è uno studio molto ricco di dati, eccellente
sul piano della ricognizione informativa. La materia concerne
una sperimentazione poetico-artistica, sviluppatasi a partire dagli anni
Cinquanta del Ventesimo secolo e su scala intercontinentale, una forma
estetica e ramificata di globalità (Brasile, Svizzera, Italia, Germania,
Francia, Giappone), che prende il nome di Poesia Concreta.
(dall’introduzione di Marino Biondi)