L’Appennino reggiano raccontato con gli occhi e con il cuore da un comune mortale che solo per caso si è scoperto giornalista. Appennino, ma non solo. Da lassù, dove è nato e dove abita vista Pietra di Bismantova, Malvolti ha gettato frequenti sguardi oltre i confini del suo territorio e ha raccontato fatti d’Italia e del Mondo attraverso un percorso narrativo che dura da oltre un quarto di secolo, dall’autunno del 1996 quando un viaggio nella Bosnia dilaniata, che solo undici mesi prima era uscita dalla guerra, gli suggerì la stesura di un diario di viaggio poi pubblicato dalla Gazzetta di Reggio. Il giornalismo di Malvolti risente delle sue origini contadine e della sua formazione in continuo aggiornamento che gli ha permesso di compiere esperienze quasi uniche: emigrato, dirigente politico, dirigente sindacale, dirigente d’azienda. Il suo non è un giornalismo sdraiato, codino, accondiscendente. In alcuni articoli si ravvisano tracce di giornalismo d’inchiesta; in altri una vena ironica che convive con veri e propri atti d’accusa al sistema. Alcune interviste sono delle chicche: a Maurizio Landini all’indomani della sua nomina a segretario generale della CGIL; al professor Loris Borghi in occasione della sua elezione a Rettore dell’Università di Parma; al giudice Andrea Rat, estensore delle motivazioni della sentenza del processo Aemilia. Documenti storici sono l’intervista a Learco Ferri, uno dei primi ad accorrere in soccorso dei minatori vittime della tragedia di Marcinelle, e il reportage da Chernobyl che risale all’anno duemila. Autentica goduria l’intervista a Gaudio Catellani, leader del mitico Trietto, gruppo reggiano che mandava in visibilio il pubblico cantando in dialetto. Gli editoriali scritti per il periodico Tuttomontagna inducono a riflettere; la rubrica “Fischia il vento” è semplicemente da scoprire. Delle centinaia di articoli scritti, Malvolti ne ha scelto poco più di un centinaio che pubblica in questo libro. Dopo averli gustati, il lettore si sentirà stimolato a esclamare: “Grazie caso!”