Avviene raramente che un poeta ormai affermato ...
Avviene raramente che un poeta ormai affermato e autore di molteplici prove di alta poesia, si rivolga verso il passato per estrarre dalle sue opere quei testi che sente, anche per non esplicite e segrete o inconsapevoli ragioni, di preferire, come fa, in questa raccolta di poesie scelte, la nostra Franca Maria Ferraris. E così facendo, crediamo che si riveli indirettamente, e soprattutto per motivazioni inconsce e istintive, a noi, suoi attenti e appassionati lettori e critici, offrendoci la possibilità di ricostruire una unica e profonda raffigurazione della sua opera, e un unico personaggio poetico in una dimensione aldilà delle variazioni temporali e occasionali delle sue numerose opere, e molto di più di quanto possa fare, e comunque fa, una sua considerazione estetica e intenzionale. Liberata in tal modo (ma solo poeticamente, sul piano dello stile) dalle referenze di un autobiografismo, e proiettata (come lei afferma fin dalle prime prove) in un “grigio delirio” della natura, dove “annegano” gli alberi, con i loro rami “imploranti”, nel “torpore dei giorni vissuti” (Nella nebbia i colli), e dove agisce l’ignoto, l’incertezza, e non si sa se il “velo / di lacrime sul volto / sia nebbia / o pianto d’infinito”, possiamo seguire dall’inizio a cominciare dal primo di questi testi, La roccaforte del 1973, la costruzione fantasiosa, e non determinata occasionalmente, di un’immagine trasfigurata e simbolica: è un’immagine indicata come un’ “ombra” (una sagoma indefinita, un riflesso profondo, la proiezione immediata di sé), che dalla bifora di una “roccaforte”, dominante l’aperto oceano dell’immaginabile infinito, guarda e attende l’arrivo di una “vela d’argento”, come di una preziosa conquista poetica, che vorrebbe veder approdare. (...)