È proprio un canto quello che ci regala “Il silenzio del cielo”: un canto alla vita
(...) È proprio un canto quello che ci regala Francesco Federico con il suo “Il silenzio del cielo”: un canto alla vita, alla memoria, al tempo ritrovato. Un canto anche per la forma, una prosa lirica che scorre fluida e agile, e ci restituisce le vicende narrate con leggerezza e profondità al tempo stesso. Il protagonista, Manfredi, alter ego dell’autore, tornato nella sua Palermo, dopo una lunga assenza, ripercorre i luoghi dell’infanzia, incontra persone che fanno parte del suo passato, viene a conoscenza di nuovi particolari della sua storia familiare e ricompone il mosaico della sua vita: ed è grazie a questo che supera il senso angoscioso di precarietà insito nella condizione umana, per arrivare a sentirsi parte di un tutto, riconoscendo la propria pochezza di fronte alla Terra-Madre e stringendo dunque un patto di amicizia con ogni essere vivente, in una prospettiva di pacificazione universale.
L’inizio del racconto è segnato dall’intenso colloquio con i suoi cari scomparsi, eppure ancora così vivi e presenti nella mente del protagonista. “Perché siete in altra dimora?” chiede ansiosamente Manfredi. Il padre, le nonne, i cugini, gli zii, che non ci sono più, lo accompagnano dall’alto nei luoghi più suggestivi del capoluogo siciliano: la Cattedrale, il Teatro Massimo e il Politeama, Piazza Castello, il Conservatorio Bellini.
“Siete tutti assenti. Mi mancate...moltissimo. Perché il mistero della morte? Anch’io sono come un naufrago nel mare rosso sangue” esclama Manfredi: e in questa esclamazione sta forse la chiave del libro. (...)
Collana di Poesia "Le Organze" diretta da Marina Pratici