Enzo Nigro è nato il 4 Ottobre 1933 a Perticaro di Umbriatico, paese
antichissimo di nascita e di storia, in provincia di Crotone, nella
pre-Sila.
È stato collegiale tout court, prima al Colleggio “Pio XII” di Nicotera,
poi al “G. Pascoli” di Salerno, con annesso l'omonimo ginnasio-
liceo classico.
Gli sarebbe piaciuto iscriversi in Filosofia, ma la morte improvvisa
del padre scombinò il progetto e nel 1959 “approdò” a Roma, senza
“arte né parte”, con in tasca solo e soltanto la voglia di sfondare nel
mondo del cinema, se pure sorretta da una soddisfacente cultura
classica acquisita dai libri e da eccelsi insegnanti-professori.
A Roma non gli fu affatto facile percorrere la strada intrapresa:
quanti ostacoli insidiosi trovò cosparsi lungo il primo percorso, nei
primi anni...
Per una circostanza fortuita, il secondo giorno del suo arrivo a
Roma, gli capitò di fare la “comparsa” nel famosissimo film di Fellini,
“La dolce vita”.
Arrabattandosi e districandosi nel precario mondo del cinema riuscì,
dopo anni, ad entrare in uno staff organizzativo di produzione.
Fu l'inizio della sua professione di “cinematografaro”.
Percorse l'intera gamma professionale di chi partecipa alla realizzazione
di un film: aiuto segretario, segretario, ispettore, Direttore di
Produzione.
Ha partecipato alla realizzazione di molti film, tra cui “Il giardino
dei Finzi-Contini”, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani per la regia
di Vittorio De Sica. Premio Oscar.
Per volere di De Sica fu protagonista improvvisato, quale questurino
in borghese, nella scena dell'arresto di Micol e famiglia Finzi
Contini.
Nella sua attività professionale ha conosciuto grandi registi e grandi
attori: Monicelli, Germi, Visconti, Comencini, Zurlini, Zampa,
Risi, Steno, Ferreri, Bolognini, Wertmuller, Loy, Lizzani, Eduardo,
Squitieri, Brass, Damiani, Piero Nelli, Capitani ecc. ecc.
Tra gli attori: Mastroianni, Loren, Totò, Sordi, Vitti, Giannini, Melato,
Muti, Verdone, Valli, Stoppa, Morelli, Ferro, Brazzi, Placido,
Gemma, Capolicchio, Cardinale, Podestà, Buzzanca, Manfredi,
Sean Connery, Dustin Hoffman, Harvey Keitel, Faye Dunaway, ecc.
Questo mondo del cinema che ha conosciuto e vissuto da “dentro”
egli l'ha narrato nel libro “A piedi in salita: memorie di un cinematografaro”
con prefazione di Carlo Lizzani.
“Per 40 anni ho fatto il cinematografaro” egli ama dire e definirsi.
“Cinematografaro”: a sentirglielo dire si capisce subito quanto egli
sia stato innamorato del suo lavoro e quanto il termine non abbia
altro significato se non quello di “uomo di cinema che viene dalla
gavetta”.
Tra un film e l'altro ha scritto quattro romanzi: “La signora bene”,
“Scusi, lei frica?.”, “Con mio fratello Giacomo”, “A piedi in salita:
memorie di un cinamatografaro”, succitato, rimasti nel cassetto.
Nell'Aprile del 2018 l'Autore ha pubblicato a sue spese “CINEMA
E POESIA” con questa nota di presentazione: “Questo mio libro,
Cinema e Poesia, è un libro sui generis, una sorta di zibaldone.
Ho voluto ripercorrere il cammino della mia vita, puntualizzando
le “tappe”, i “tratti” più significativi. È il mio “lascito” a futura memoria.
Nel Marzo 2019 “SCUSI, LEI FRICA?.” è stato pubblicato dalla
Casa Editrice Gruppo Albatros, Il Filo.
Ha anche scritto, pricipalmente, due raccolte di poesie: “... A Perticaru
duve mancu 'na pagghia si movia ...” con introduzione di
Antonello Trombadori, prefazione di Antonio
Piromalli, trafiletto di Nino Marazzita e “Le mie poesie: seconda
raccolta”, con “presentazione riepilogativa” di Giovanni Sapia, uno
degl'insegnanti più colti d'Italia, suo professore al liceo classico
“San Nilo” di Rossano.
Le due “raccolte” sono scritte nel suo dialetto calabrese, perticare-
se-umbriaticese; alcune anche in italiano; una in romanesco ; una
in napoletano.
Nascono, queste poesie dialettali, dal ricordo malinconico e appassionato
della natia e cara Perticaro.
Descrivono e cantano luoghi, usanze, atmosfere di un tempo passato.
Attingono alla cultura analfabeta contadina, ormai estinta, dalla
quale, è risaputo, prendeva linfa la cultura dotta, letteraria, poetica.
La sua poesia dialettale è stata premiata in diversi concorsi: nel lontano
1964 “'U destinu de 'nu cane” fu “segnalata” nel “Concorso
Vittorio Butera: per una poesia in dialetto calabrese” indetto dalla
prestigiosa rivista di cultura e arte “Calabria Letteraria”; a Catanzaro
nel 1987 “Premio Nazionale - Unione Culturale Calabrese”; a
Luzzi di Cosenza nel 1992 “Premio San Bucina V edizione”; a San
Felice sul Panaro (Modena) nel 1997 “Premio Biennale Nazionale
di Poesia Dialettale” Guido Modena. E in altre località. Vive e risiede
a Roma dal 1959. Spesso torna a Perticaro, nella natia casa,
nel suo piccolo podere recintato, con la collinetta sovrastante ove
cresce il grande e fronzuto gelso bianco (l'amurellu!). È questo suo
piccolo podere, costode delle radici familiari, che egli considera il
suo Parnaso: la fonte d 'ispirazione delle sue poesie.
“…La POESIA: l'oasi ove l'animo, abbeverandosi, si ritempra, si
eleva, si cheta, si commuove, si conforta, si inebria, si istruisce”.